Milano e la sua rete di canali attraverso i secoli

Milano è una città situata “in mezzo alle acque”, dal momento che a circondarla si trovano il Ticino, l’Adda, l’Olona, il Lambro, il Nirone e il Seveso. Forse per questo si è spesso cercato di avvicinare questa traduzione al nome Mediolanum.

In epoca romana l’acqua serviva principalmente per le fognature e per facilitare i trasporti ma nel XII secolo diventa anche un vero e proprio elemento difensivo, oltre ad essere usata sempre più frequentemente per l’agricoltura (con l’irrigazione) e per l’industria (attraverso i mulini).

È plausibile che i Romani abbiano provato ad accrescere l’apporto d’acqua della città modificando il corso del Seveso con due derivazioni (i Sevesetti): in zona S. Marco per alimentare il fossato, e lungo corso Venezia (poi denominata Acqualunga), in modo da portare l’acqua fino al centro della città per servire anche le Terme Erculee.

La maggior parte delle opere idrauliche romane si concentravano però nella zona meridionale della città dove tutti i corsi d’acqua sopra citati confluivano in un unico canale di scarico – la Vettabbia – che sfociava nel Lambro nella zona di Melegnano.

La Vettabbia era probabilmente il corso inferiore del Nirone trasformato in canale e arricchito con le acque del Seveso e della Molia presumibilmente utilizzata dai Romani anche per trasportare merci da e per il porto di Cremona. Le acque dell’Olona confluivano invece attraverso un canale artificiale nel fiume Lombra verso Lampugnano e, deviate nuovamente verso est all’altezza dell’attuale piazza Tripoli, entravano in città mediante il canale Vepra, che passava per le vie S. Vincenzo e Gian Giacomo Mora per raggiungere piazza Vetra e congiungersi alla Vettabbia.

Anche se non è supportato da documentazioni ufficiali, si pensa che in epoca imperiale Milano avesse un porto, verosimilmente situato in via Larga, in grado di metterla in comunicazione con il Po ed il mare Adriatico.

Per fortificare maggiormente la linea difensiva verso occidente e vista la difficoltà di spostamento delle merci nella zona, nel 1179 viene scavato un lungo canale per portare l’acqua da Tornavento sul Ticino verso la città passando per il tratto iniziale parallelamente al Ticino.
Questo canale viene chiamato Ticinello e giunge a Milano nei pressi di Sant’Eustorgio, da dove viene indirizzato parallelamente alla Vettabbia per irrigare i terreni dei nuovi signori, i Torriani, possessori dell’area coltivata di Selvanesco a sud della città.

È però nel Trecento, con i Visconti, che Milano si sviluppa sempre di più e domina la Lombardia e parte dell’Emilia. Le comunicazioni diventano via via più importanti e per questo i canali devono essere trasformati in “navigli”. Il Ticinello viene utilizzato intensamente come mezzo di trasporto e presso Sant’Eustorgio l’attività di carico e scarico fa assumere a quest’area l’aspetto di un vero porto commerciale. Oltre a ciò diventa insistente la volontà di rendere navigabile la Vettabbia e il Lambro per collegare Milano al Po, soprattutto per il trasporto del sale proveniente da Venezia.

Con la costruzione da parte di Galeazzo II dei castelli di Pavia e di Porta Giovia (poi Sforzesco) a Milano vengono realizzate altre opere idrauliche che incideranno sul futuro della città e del territorio. Per irrigare i parchi cintati dei due castelli, viene scavato un canale verso Binasco e Pavia per convogliare verso sud le acque del Ticinello sul tracciato del futuro Naviglio Pavese. Un altro canale viene fatto partire invece dall’Adda per portare le acque al Parco del castello di Porta Giovia sul percorso del futuro Naviglio della Martesana.

La fondazione del Duomo nel 1386 fa emergere la necessità di spostare nel centro di Milano i marmi estratti dalle sponde del lago Maggiore e intensifica l’uso del Naviglio Grande. La scomodità del “porto” di Sant’Eustorgio e i dislivelli del Naviglio vengono risolti nel 1439 con la creazione della conca di Viarenna, attraverso la quale i battelli con i carichi pesanti e ingombranti riescono a raggiungere il “laghetto” di Santo Stefano in Brolo, nel cuore della città.

Questa conca diventa indispensabile anche per uscire da Milano e raggiungere il Naviglio Grande e per lo stesso motivo viene poi scavato anche il Naviglio di Bereguardo, un canale di scarsa portata destinato ai soli battelli del duca Filippo Maria Visconti, che verrà in seguito prolungato fino alle porte di Pavia.

Durante il ducato sforzesco si moltiplicano le opere idrauliche sia per migliorare i trasporti, che per l’agricoltura. Il Naviglio di Bereguardo viene portato fino alle porte di Pavia mentre in città il canale della Martesana viene trasformato in naviglio.
Nel 1497 un sistema di canali navigabili mette tra loro in comunicazione l’Adda e il Ticino, accostandosi molto da vicino al porto fluviale di Pavia e quindi al Po e all’Adriatico.

Nel ‘700, durante la reggenza dell’arciduca Ferdinando, figlio di Maria Teresa d’Austria, viene avviato e concluso il completamento del Naviglio di Paderno, inaugurato poi l’11 ottobre 1777.

Il 21 giugno 1805, Napoleone, appena incoronato re d’Italia, decreta che il Canale da Milano a Pavia sarà reso navigabile ma i lavori vanno per le lunghe nonostante le numerose ordinanze. In seguito, il nuovo volto neoclassico della città e la sua espansione nel corso dell’Ottocento avvia una polemica sempre più insistente contro i corsi d’acqua che scorrono accanto alle strade di Milano.

Vengono quindi interrati la maggior parte dei canali e dei fossati mentre nei due secoli successivi si vedono fiorire nuovi canali entro la cerchia dei Bastioni per irrigare orti e giardini situati tra la cerchia dei Navigli e i Bastioni.

Nell’anno 1900, in piena espansione edilizia ed industriale della città, l’ingegnere Paribelli del Genio Civile riporta all’attenzione il tema del porto di Milano. Lo affronta da una prospettiva diversa, riprendendo in parte il tracciato già seguito probabilmente dai Romani, e spostando però il punto di partenza delle imbarcazioni a Rogoredo.

Nel dicembre 1917 l’Ufficio Tecnico del Comune approva il progetto definitivo e la costituzione di un’Azienda Portuale di Milano, portando dal 1919 alla realizzazione di diverse opere che vengono sospese nel 1922, mentre il traffico alla Darsena di Porta Ticinese continua ad aumentare insieme allo sviluppo edilizio della città.

Il progetto del porto di Milano viene ripreso e rivisto alla fine degli anni ‘30, sotto la direzione dell’ingegnere Giuseppe Baselli, Capo dell’Ufficio Tecnico Municipale, che mantiene il porto commerciale a Rogoredo, e sposta quello industriale a sud di Milano attraverso un lungo canale che si congiunge al Naviglio Pavese sotto la Conca Fallata e prosegue in linea retta fino al Naviglio Grande, appena fuori dal comune.

Secondo questo progetto, per superare i circa 20 m di dislivello tra Rogoredo e il Naviglio Grande erano previste tre conche e all’incrocio con i due Navigli, due grandi darsene avrebbero favorito l’interscambio tra i battelli più piccoli e quelli maggiori. L’alimentazione di questo grande porto-canale era assicurata da un nuovo “Naviglio Grande” derivato anch’esso dal Ticino che avrebbe seguito un tracciato diverso da quello dell’antico Naviglio Grande.

Questi importanti lavori permettevano di sopprimere i tratti dei due navigli dentro il territorio comunale e la darsena di Porta Ticinese per favorire la costruzione di strade più ampie oltre che una facile espansione abitativa dell’area.

Il Piano Regolatore Generale del Comune di Milano, approvato nel 1953, ha accolto tutte le indicazioni del progetto precedente, ma i lavori non sono mai stati avviati. Con il nuovo ordinamento regionale, nel 1972, la Regione Lombardia proclama l’imminente inizio delle attività ma dopo altre opere lasciate in disuso, con il decreto del 3 giugno 2000, viene soppresso e messo in liquidazione il Consorzio del canale Milano-Cremona-Po.